Viva il Self-Check-in


Oggi ero in viaggio per Belgrado e ho contattato l’Host per dire che sarei arrivato in macchina verso le 18.
Mi sono accorto che da quel momento sono entrato in leggera tensione.
Ce l’avrei fatta per le 18? C’era ancora la frontiera da passare.
Inoltre la Serbia non fa parte dell’Unione Europea e ci sono alti costi di roaming voce e soprattutto dati.
Quanto avrei speso per comunicare con Marija? Non sarebbe la prima volta che mi ritrovo al telefono per decine di minuti tra indicazioni e spiegazioni.
E se mi fossi dovuto collegare ad Airbnb? 5 o 10 € di dati se ne vanno in un attimo.
Insomma, niente di grave, ma ripeto, una leggera tensione data dalla variabile umana: io e Marija ci dovevamo sincronizzare.
La sincronizzazione funziona bene con l’Ical, non con gli umani.

Inoltre ho pensato che forse Marija alle 19 voleva essere a cena con la famiglia ed un mio ritardo le avrebbe complicato tutto.
E se avessi deciso di fermarmi a mangiare in quel ristorante trovato per strada che sarebbe poi stato impossibile ritrovare? Da dimenticare, avevo un appuntamento.
Insomma, da quando ho dovuto comunicare l’orario di arrivo mi sono sentito responsabile in un contesto dove poco dipende da me ma dalla  polizia di frontiera, il traffico e le indicazioni di Google Maps.
Poi mi arriva un messaggio che dice “farai self-check-in, ecco le istruzioni”.
Avevo prenotato velocemente ieri e non lo sapevo che c’era il self-check-in (a riprova che gli ospiti non leggono bene gli annunci).
Quello che mi ha sorpreso  è stata la mia reazione di sollievo.
– “Cavoli, self-check-in? Allora non ci sono problemi!
E di colpo sono tornato a fregarmene di orari, roaming e vite degli altri.
Relax totale.

E infatti sono arrivato un’ora dopo per colpa di una lunga coda alla frontiera e traffico in entrata in città ascoltando Boehemian Rapsody (per mia scelta) e “Papa Can You Hear Me?” di Barbra Streisand (per sconsiderata scelta di mia figlia).
Quella possibile cena, alla fine, l’avrei proprio rovinata.
E io mi sarei dovuto sorbire la storia della lavastoviglie e varie domande su cosa voglio fare a Belgrado (lavarmi i piedi puzzolenti in primis, Marija, il resto si vedrà).

Ricapitolando, ecco alcune delle debolezze del check-in umano:

  • richiede sincronizzazione (vari messaggi).
  • genera tensione.
  • ha costi nascosti (roaming).
  • toglie libertà all’ospite.
  • rovina le cene all’Host.

In definitiva, smettiamola di considerare il self-check-in come un’esperienza inferiore a prescindere.
In alcuni casi e per alcune persone è decisamente superiore.

Non credo abbia molto senso dibattere su quale sia migliore: sono approcci diversi, alla fine la scelta è personale, ma è importante che la scelta sia fatta sulla base di dati, non pregiudizi.

Con questo articolo spero di aver portato qualche dato in più.


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